Accantonate per un momento la China Girl del nostro dio in terra David Bowie, riponete un momento nel cassetto Princess of China della premiata ditta Coldplay-Rihanna o i bonzi di Battiato e ascoltate questi cinque brani. Ognuno di essi da qualche parte ci dice qualcosa sulla terra di mezzo.
China my China (Brian Eno)
In una delle sue opere più sperimentali, Taking Tiger Mountain (By Strategy) del 1974, Brian Eno prende in prestito per il titolo il 智取威虎山 (zhi qu wei hu shan). Quest'ultima è un'opera famosa nel periodo della rivoluzione culturale e basata sulla narrazione di un episodio realmente accaduto: nel 1946, nel contesto della guerra civile, Yang Zirong (杨子荣), soldato dell'armata di liberazione popolare si travestì da bandito per infiltrarsi in una banda locale, aiutando infine le forze comuniste a distruggere i banditi del nord-est. China my China è un compendio di ritmi ossessivi e martellanti che descrivono una Cina lontana e sconosciuta.
Who will survive in America? (Kanye West)
Un flash di nemmeno due minuti basta a Kanye West per tracciare un quadro crudo del proprio paese. Inserito nei 70 minuti di My Beautiful Dark Twisted Fantasy (2010), tra i migliori album dell'artista di Atlanta, il brano parla del living upside-down americano, concetto dal significato duplice: il sottofondo di segregazione, razzismo e oppressione nei confronti degli afroamericani e l'idea che un ribaltamento sia necessario per cambiare le cose. La Cina è vista qui come il vero sottosopra (After all is said and done, build a new route to China if they'll have you) in quanto luogo più lontano dal modo di vivere americano. Perciò sfuggire alle distorsioni americane è una sfida vana, tanto quanto scavare un tunnel per arrivare in Cina.
Yellow peril (Steely Dan)
Gli Steely Dan di Donald Fagen ricordano un termine tristemente noto nella storia cinese e tornato tristemente di moda lo scorso anno anche alle nostre latitudini, complice l'inizio della pandemia da Covid-19. Il termine è appunto "pericolo cinese", espressione nata alla fine del XIX secolo per dare un nome alla paura della forze occidentali nei confronti della Cina (ma nella storia anche Giappone e altri paesi asiatici) come potenza nascente.
Chinese Children (Devendra Banhart)
Da molti considerato nonsense, questo brano di Devendra Banhart cela un fine universalismo e racconta molto del presente. Prendendo spunto dalle sue origini (nato negli USA ma cresciuto in Venezuela) parla del bambino in se riferendosi ad un immaginario suo figlio che, in qualsiasi parte del mondo, nascerebbe sempre e comunque cinese. Appurato il naturalismo ai limiti dell'animismo di Banhart, ma perché la scelta della nazionalità cinese?
Risposta facilissima e complessa allo stesso tempo.
Slow numbers (Morphine)
"The number four means nothin' to me but the number four means death to Chinese": così i Morphine da The Night (del 2000, il loro ultimo album) citano in maniera corretta una delle più famose superstizioni cinesi. La numerologia infatti è una pratica molto sentita nella terra di mezzo e solitamente al numero 4 四 (si) è associato il quasi omofono 死 che significa "morte". Al numero 8 八 (ba) sono invece collegate opportunità di fortuna e successo. Tra tutte, la quasi omofonia con il carattere 发 (fa) che significa "successo", gli vale lo scettro del numero fortunato tra i cinesi.
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