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Tra Laozi e Baudelaire. Sdraiarsi è giusto?

“道常无为而无不为”

“Il Dao non agisce mai eppure non c’è nulla di non fatto”

Laozi, Daodejing



Così diceva il maestro del daoismo per insegnare l’arte del non agire. Il 2021 ha visto i natali di un novello 无为 wuwei, seppur molto diverso: 躺平tangping. Dopo 内卷neijuan, 摸鱼moyu e 996, è l’ultimo degli slang giovanili – strettamente imparentati tra loro – nati sull’internet cinese per descrivere la vita dei ragazzi del Dragone. “996” indica la filosofia del lavoro dominante nella società cinese, che ha ottenuto anche l’endorsement del guru Jack Ma: è giusto lavorare dalle 9 di mattina alle 9 di sera 6 giorni a settimana, ritmi tipici soprattutto delle aziende tecnologiche cinesi che lasciano ben poco spazio alla coltivazione delle proprie passioni, di relazioni sociali, al riposo, alla vita in generale.

Ma la cultura cinese vede di buon occhio il duro lavoro e il sacrificio, sia per esorcizzare il ricordo fresco della povertà, sia per garantire una sicurezza finanziaria alla generazione successiva (ma anche ai propri genitori), sia per raggiungere quella che nella società cinese è la realizzazione personale, ovvero casa, macchina e figli, e sia per rendere grande il proprio paese, remando tutti nella stessa direzione.

In risposta a questo modello di lavoro che spesso e volentieri sfocia nello sfruttamento e nel conseguente burnout, i giovani hanno iniziato a 摸鱼moyu, un termine che dal chengyu da

cui trae origine ha poi preso il senso di “cazzeggiare” sul posto di lavoro, temporeggiare, lavorare giusto il necessario per non farsi licenziare e non di più.

Il profondo disagio della gioventù cinese deriva da quello che viene descritto 内卷neijuan (lett. “involuzione”) da un altro slang che ha avuto grande successo su internet durante il 2021. Mutuato dall’antropologia, indica uno stato della società in cui un maggiore investimento di sforzi da parte dei suoi membri non corrisponde a maggiori benefici. Ed è proprio così che si sentono: le generazioni nate negli anni ’90 e ’00 sin dalla nascita sono state tempestate di ripetizioni, classi extra e competizione spietata che hanno rubato loro praticamente gran parte della gioia dell’infanzia, sacrificando anche la salute fisica e mentale, tutto in nome della promessa di un futuro radioso. Finita l’università, ci si accorge che questo futuro in realtà non è mai esistito. Ci si ritrova catapultati in città con costi d’affitto assolutamente inaccessibili, in cui benché si lavori anche sette giorni su sette senza dormire, i 老板laoban (“capi”) non sono mai soddisfatti. Tutto mentre la società impone pressioni molto rilevanti ad affrontare determinati step – comprare una casa, comprare una macchina, sposarsi, fare un figlio – che sono chiaramente ben lontani dall’essere accessibili e anche solo desiderabili in una vita privata di ogni energia e speranza verso il futuro. Insomma, si avverte un gap incolmabile, un “the system is rigged” di trumpiana memoria, per il quale lo sforzo non è mai sufficiente a raggiungere gli obiettivi che la società ti ha imposto, il futuro radioso promessoti da bambino appartiene solo a una nicchia di persone verso le quali provi solo un senso di disuguaglianza e ingiustizia.


In risposta a questa situazione, nasce il 躺平tangping: se a prescindere da quanto io mi sforzi non potrò migliorare la mia condizione, se non posso modificare questo sistema perché è al di fuori dei miei poteri, allora quanto meno decido di non parteciparvi, scegliendo invece di “sdraiarmi”. Una resistenza passiva un po’ daoista e un po’ decadente, come i poeti maledetti all’inizio del 900 che, non potendo cambiare la società e la morale borghese, decidevano di restarne al di fuori. Allo stesso modo in Cina questi giovani professionisti esasperati scelgono di mettere da parte l’ambizione a inseguire questo fantomatico successo e rifugiarsi in una vita ridotta ai minimi termini: niente straordinari, niente grandi città, niente macchina, niente matrimonio, niente figli, consumi allo stretto indispensabile, si tira avanti con lavoretti occasionali e attingendo ai propri risparmi, fino a quando non si è più in grado di badare a se stessi e ci si lascia semplicemente morire in pace. Obiettivi più semplici, raggiungibili, al di fuori dello sfruttamento intensivo della macchina capitalista. Lo scrittore Liao Zenghu su Caixin ha definito il tangping un “movimento di resistenza”.

I confini di questa “controcultura” sono stati tracciati nell’aprile 2021 grazie a un post di Luo Huazhong sul forum Baidu Tieba, intitolato, con toni quasi da propaganda maoista, “Sdraiarsi è giusto”. Luo raccontava di come nel 2016 si licenziò dalla fabbrica in cui lavorava per intraprendere un viaggio in bici di 2100km dal Sichuan al Tibet, per poi tornare nel suo paese natale nello Zhejiang e passare le giornate leggendo filosofia, facendo ogni tanto lavoretti saltuari e prelevando circa 60$ al mese dai suoi risparmi. Il successo immediato di questo stile di vita ha portato molti altri nelle grandi metropoli cinesi ad abbandonare il proprio lavoro e cercare una rinnovata felicità altrove, come Guo Jianlong, che ha raccontato ad Associated Press di essersi licenziato da un quotidiano di Pechino per trasferirsi a Dali, tra i suggestivi paesaggi dello Yunnan, per sdraiarsi. Come dice Luo Huazhong nel suo post “manifesto”, “solo sdraiandosi l’essere umano può diventare misura di tutte le cose”.

Chiaramente, il Partito comunista non ha fatto esattamente dei salti di gioia quando ha scoperto il movimento degli sdraiati. Sdraiarsi è in palese conflitto con gli obiettivi del Sogno Cinese, della Rinascita del Popolo Cinese e della costruzione della Società del Moderato Benessere, i capisaldi programmatici di Xi Jinping e della sua nuova Cina. La tumultuosa crescita cinese ha bisogno, per essere alimentata, di giovani istruiti che si consumano di lavoro anche se ciò significa sacrificare la propria salute. La risposta non si è fatta attendere molto: nel maggio 2021 il governo si è adoperato per chiudere un gruppo Douban di 10000 membri sullo Sdraiarsi, ha eliminato da internet tutto il merchandising a tema sdraiati che stava andando nel frattempo a ruba, ha cancellato il post originale intitolato “Sdraiarsi è giusto”, e l’agenzia di stampa Xinhua ha pubblicato un articolo dall’evocativo titolo “Sdraiarsi è vergognoso. Dov’è finito il senso di giustizia?”. Huang Ping, professore di letteratura della East China Normal University, ha dichiarato a Sixth Tone: “Lo stato si preoccupa di cosa accadrebbe se tutti smettessero di lavorare. Gli esseri umani non sono dei meri strumenti per fare cose. […] Quando non si riesce a star dietro agli sviluppi della società – i prezzi degli affitti alle stelle, ad esempio – sdraiarsi è in effetti la scelta più razionale”.

Ma non da tutti i fronti ufficiali arriva un’opposizione radicale. La popolarità raggiunta dal tangping ha fatto sì anche che si creasse un dialogo costruttivo sulle motivazioni di questa scelta esasperata e di fuga dalla società. Il Guangming Daily il 20 maggio scriveva che “sdraiarsi non fa bene allo sviluppo economico e sociale del paese”, ma che “la lotta allo sdraiarsi deve partire soprattutto dalla costruzione di un ambiente sociale e di lavoro più sano.”

Cosa penserebbe il maestro daoista Laozi degli sdraiati? Il suo “non agire” rappresentava una forma di comunione con il cosmo in cui non si faceva nulla che fosse contrario allo spontaneo svolgimento delle cose. Gli antichi alchimisti cinesi amavano fuggire dalle città e ritirarsi tra le montagne per meditare e ricercare la ricetta per l’immortalità. E così fanno anche gli sdraiati in un certo senso, rigettando le pratiche consumistiche e il cieco inseguimento del successo di stampo neoliberista. Sdraiarsi può aiutare a ristabilire l’equilibrio nel microcosmo della nostra vita?

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