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Yin-yue 饮-乐: tre sorelle

Oggi vi portiamo in un viaggio immaginario che parte dalle origini della civiltà cinese e arriva fino in Italia, ad un birrificio di Empoli, passando per la teologia taoista e la musica elettronica cinese.

Nel vasto cosmo della mitologia/astrologia cinese esistono tre divinità chiamate Lù xīng 祿

星, Fúxīng 福星, Shòuxing 寿星, rispettivamente astri della fama, buona sorte e longevità. Le loro radici affondano negli antichi culti tradizionali (quelli che attualmente sono definiti 民間信仰 mínjiān xìnyǎng) che si differenziano dai culti ufficiali (宗教 zōngjiào) per la forte presenza di divinità cosmiche (dei, spiriti) spesso legate alla natura e al territorio. Le tre divinità, associate anche al taoismo e presenti spesso e volentieri in altari domestici, prendono il nome collettivo di 三星 Sānxīng ('tre stelle' e si, è lo stesso di Samsung) o di 福禄寿 Fúlùshòu, dall'unione dei tre nomi. Fulushou. Flower, fruit, show: c'è qualcosa che risuona. Con un salto millenario arriviamo al 2020, precisamente sul palco di Summer of the band 2 乐队的夏天2 : nella fase ad eliminazione una band chiamata Floruit Show composta da tre giovanissime sorelle (le 杜 per la precisione) fa fuori in scioltezza i famosi e navigati 五条人Wǔtiáo rén con 没咯, struggente ballad elettronica in downtempo. Non la solita rock band, non l'ennesimo ensemble spappolacuori da liceo ma una terzetto che mentre compone e arrangia fa ricerca sulla musica elettronica nel modo più naturale possibile: uno sguardo sempre curioso lanciato nel futuro e il dolce balsamo del ricordo, delle radici sempre presente tra le righe. E' su queste basi che nasce 我用什么把妳留住 Wǒ yòng shénme bǎ nǎi liú zhù (Cosa devo fare per farti restare?), album che arriva dopo tre anni dalla formazione ufficiale della band e sul quale è ricaduta la nostra scelta per questa settimana. Ma cosa ci è

piaciuto delle Floruit Show? Su tutto, il sound. Elettronica, tanta e miscelata sapientemente ai tanti riferimenti che le sorelle Dù hanno raccolto nei propri percorsi, dalla musica classica (sono laureate al Central Conservatory of Music di Pechino) all'elettronica di scuola inglese. Gli arrangiamenti minimali e il contrasto tra rarefazioni elegiache e deflagrazioni controllate marca l'equilibrio perfetto in un album che fa dei contrasti il proprio marchio di fabbrica. Passato e presente si scontrano in un continuo dialogo tra strumentazioni ipermoderne e antiche, basti pensare a percussioni, archi e fiati dal sapore tribale nella coppia di chiusura 兰若度母 / 心静自然凉, dando vita ad un sincretismo che pesca, ancora, da mondi lontani, forse da quella cosmologia cui accennavamo all'inizio. (Ah, la loro etichetta è la pechinese 北河三 Běihé sān che tradotto è la stella Polluce: coincidenza?). Punto fermo incastonato come perla al centro dell'album è l'omaggio alla nonna, già musicista e figura cardine nella formazione musicale delle gemelle: 玉珍 Yù zhēn si sostanzia in un climax struggente alla continua ricerca di un patto tra tempo passato e tempo presente "所有过往都在这儿呢/大世界我也会去呀的/等著 等著 / 我走完这段路就来了tutto il passato è qui/grande mondo, anche io posso andare/aspetta, arriverò dopo aver percorso questa strada". La figura femminile è qui al centro di qualsiasi narrazione (addirittura nell'uso dei pronomi di seconda persona) e spiega, senza dirlo, cosa significa essere tre donne che fanno egregiamente il proprio lavoro in un settore o un mondo, per estensione, fatto ancora da e per uomini. C'è tanto di quanto appena detto in 如何 Rúhé (Imogen Heap anyone?), forse il miglior brano del lotto, che su una storia d'amore finita ricama un piccolo trattato politico sull'oppressione psicologica sostenuto dal mantra finale 不再,不再,不再 (non più).

Non ci soffermiamo sulla copertina, zeppa di simbolismi e richiami. Stop. Ascoltatelo e fateci sapere cosa ha suscitato in voi. L'abbinamento alcolico della settimana ricorda un parallelismo tipico della letteratura cinese classica. Si, perché anche qui ci sono tre sorelle e l'energia che può creare un’intesa tanto forte è incredibile; i possenti brani che state ascoltando, composti da queste gemelle del nord cinese, ne sono testimonianza.

Questa alchimia esplosiva non vale però solo per la musica: la birra che vi proponiamo oggi viene prodotta dalle mani delle sorelle Lami, Claudia, Giulia e Francesca, tre giovani donne che hanno aperto un birrificio artigianale ad Empoli, alle pendici dei monti Lagorai, immerso nel magico terroir toscano.

Come per le sorelle Dù, ognuna proviene da un percorso diverso – le scienze e tecnologie alimentari, l’arte e lo studio del cinese, la cosmesi – e apporta pertanto al prodotto finale un contributo unico dettato dalla propria sensibilità e dai tratti della propria personalità. L’incontro/scontro tra queste diverse personalità trova in ogni birra il proprio equilibrio, ed è proprio l’equilibrio la cifra stilistica del birrificio LA MI’ BIRRA.

La birra che abbiniamo a 我用什么把你留住 (What Can I Hold You With) è LA MI’ VIZIA, una Belgian Dark Strong Ale da 8,1° alcolometrici.

Ambrata, leggermente tendente al tonaca di frate. La dolcezza del malto sprigiona sentori di caramello e panettone, a cui si affianca con preponderanza il lavoro del lievito belga, che sprigiona esteri dal profilo fortemente fruttato: uvetta, susina, fichi, spezie. Il tenore alcolico è nascosto da una grande bevibilità, ogni sorso di questa birra abboccata richiama il successivo.

La scelta è ricaduta su questa birra – oltre che per l’analogia che dalle tre divinità tutelari ci porta alle tre sorelle pechinesi e successivamente a quelle toscane – perché questo disco multiforme ed eclettico richiedeva una birra altrettanto complessa, con un grado alcolico elevato che potesse rallentare la bevuta e lasciare il tempo di ascoltare e riflettere senza fretta, pasteggiare un brano dopo l’altro. La Mi’ Vizia e What Can I Hold You With si compensano ma si somigliano anche: tonalità cupe, ma con un animo dolce.




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